La nascita della proto-agricoltura ( da Storia commestibile dell’umanità)

Il meccanismo con cui vennero domesticati animali e piante è comprensibile, ma non dice molto sulle motivazioni che ne stanno alla base.

Perché gli umani siano passati dalla raccolta e dalla caccia all’agricoltura è una delle domande più antiche e complesse della storia umana.

Si tratta di un vero mistero, perché quel cambiamento – va detto – peggiorò la vita dell’uomo, e non solo da un punto di vista nutrizionale.


Non a caso, un antropologo ha definito l’adozione dell’ agricoltura «il peggior errore nella storia della razza umana».


Essere un cacciatore-raccoglitore era molto, molto più divertente che coltivare la terra.

Gli antropologi moderni che hanno trascorso del tempo in compagnia di gruppi superstiti di cacciatori-raccoglitori riferiscono che, anche nelle zone più marginali dove oggi sono costretti a vivere, la raccolta del cibo esige solo una minima parte del loro tempo, e comunque molto meno di quanto ne richieda produrre la medesima quantità di cibo con l’agricoltura.

I boscimani Kung del Kalahari, ad esempio, dedicano dalle dodici alla diciannove ore settimanali alla raccolta del cibo, e i nomadi Hazda della Tanzania meno di quattordici.

Questo lascia un bel po’ di tempo libero per attività piacevoli, per socializzare e così via. Quando un antropologo chiese a un boscimane perché la sua gente non avesse adottato l’agricoltura, si sentì rispondere: «Perché mai dovremmo metterci a coltivare, visto che al mondo ci sono così tante noci di mongongo?». ( I frutti e le noci di mongongo, che costituiscono circa la metà della dieta dei !Kung, vengono raccolti da piante selvatiche che sono mol- to diffuse nonostante nessuno cerchi di propagarle.)

Di fatto, i  cacciatori-raccoglitori lavorano due giorni alla settimana e hanno un week-end di cinque giorni. Lo stile di vita dei cacciatori-raccoglitori in epoca preagricola, in ambienti meno marginali, probabilmente doveva essere ancora più piacevole. Un tempo si pensava che l’avvento dell’agricoltura avesse dato all’uomo più tempo da dedicare alle attività artistiche, allo svi luppo di nuovi mestieri e tecnologie e così via. Secondo questa tesi, l’ agricoltura affrancò l’uomo da un’angosciante esistenza alla giornata, tipica dei cacciatori-raccoglitori. In realtà è vero il contrario. L’agricoltura è più produttiva nel senso che produce più cibo per una data superficie di terra: un gruppo di venticinque persone può vivere coltivando appena venticinque acri, un’area ben più piccola delle de- cine di migliaia di acri che gli occorrerebbero per sopravvivere di caccia e raccolta.

Ma l’agricoltura è meno produttiva se la si misura in base alla quantità di cibo prodotto per un’ora di lavoro. In altre parole, è un’impresa molto più faticosa.

Di certo questa fatica fu utile, visto che gli esseri umani non dovettero più preoccuparsi della malnutrizione o della fame, giusto? Può darsi.

Eppure, a quanto sembra i cacciatori-raccoglitori erano molto più sani dei primi agricoltori. In base ai reperti archeologici, i contadini erano molto più soggetti dei cacciatori-raccoglitori a ipoplasia dello smalto (una caratteristica rigatura orizzontale dei denti che indica problemi nutrizionali). Gli agricoltori seguono una dieta meno varia e meno bilanciata dei cacciatori-raccoglitori. I boscimani mangiano circa settantacinque tipi diversi di piante selvatiche, invece di affidarsi a poche colture principali. I cereali fornisco- no sufficienti calorie, ma non contengono l’intero spettro di nutrienti essenziali. Per questo gli agricoltori erano più bassi dei cacciatori-raccogli- tori. Lo si può determinare dai resti ossei, confrontando l’età “dentaria” suggerita dai denti con l’ età “dello scheletro” suggerita dalla lunghezza delle ossa lunghe. Un’età dello scheletro che sia inferiore a quella dei denti è indice di crescita stentata dovuta a malnutrizione. I resti di scheletri rinvenuti in Grecia e in Turchia suggeriscono che alla fine dell’ultima era glaciale, circa 14 000 anni fa, l’altezza media dei cacciatori-raccoglitori fosse di 1,75 metri circa per i maschi e 1,65 circa per le donne. Nel 3000 a.C., dopo l’adozione dell’agricoltura, queste medie erano crollate a 1,6o per gli uomini e 1,5o per le donne.

Solo in epoca moderna gli esseri umani hanno riguadagnato la statura degli antichi cacciatori-raccoglitori, e solo nelle zone più ricche del mondo. I greci e i turchi moderni sono ancora più bassi dei loro antenati dell’età della pietra.

Inoltre, molte malattie provocano danni caratteristici allo scheletro: studiando i reperti ossei si è scoperto che gli agricoltori soffrivano di varie patologie dovute a malnutrizione, che nei cacciatori-raccoglitori erano rare o assenti, come il rachitismo ( carenza di vitamina D), lo scorbuto (carenza di vitamina c) e l’ anemia (carenza di ferro). Gli agricoltori, a causa del loro stile di vita stanziale, erano anche più soggetti a malattie infettive come lebbra, tubercolosi e malaria. Inoltre, la loro dipendenza dai cereali aveva altre conseguenze: gli scheletri femminili spesso mostrano artrite alle giunture e deformità delle dita dei piedi, delle ginocchia e della regione lombare, tutte associate all’uso giornaliero della macina a mano per ridurre la granella in farina. I resti dentali evidenziano che gli agricoltori soffrivano di carie, disturbo ignoto ai cacciatori- raccoglitori, poiché i carboidrati delle diete ricche di cereali degli agricoltori venivano ridotti in zuccheri dagli enzimi della saliva durante la masticazione. Anche l’aspettativa di vita, determinabile sempre dallo scheletro, precipitò; secondo i reperti rinvenuti nella Illinois River Valley, l’aspettativa media di vita passò da ventisei anni per i cacciatori-raccoglitori a diciannove per gli agricoltori. In alcuni siti archeologici è possibile seguire l’andamento nel tempo dello stato di salute, via via che i cacciatori-raccoglitori di- ventano più sedentari, fino ad adottare l’agricoltura.

Mano a mano che i gruppi diventano stanziali e si ingrandiscono, aumenta l’incidenza di malnutrizione, malattie parassitarie e malattie infettive.

Gli agricoltori stanziai, in definitiva, erano invariabilmente meno sani dei loro vicini nomadi: dovevano lavorare molto più a lungo e più sodo per produrre una dieta meno varia e meno nutriente, ed erano molto più soggetti a malattie. Considerati gli svantaggi, perché diamine gli esseri umani si diedero all’agricoltura?

La risposta, in sintesi, è che non si accorsero di quel che accadeva se non quando fu troppo tardi. Il passaggio dalla caccia e dalla raccolta all’agricoltura fu graduale, almeno dal punto di vista dei singoli individui; dalla prospettiva della storia umana fu invece molto rapido. Infatti, proprio come le colture selvatiche e quelle domesticate formano un continuum, tra i raccoglitori puri e gli agricoltori puri c’è un’ampia zona intermedia.

Ad esempio, capita a volte che i cacciatori-raccoglitori manipolino gli ecosistemi per aumentare la disponibilità di cibo, anche se questo comportamento non si avvicina neppure alla coltivazione deliberata e su grande scala che chiamiamo agricoltura.

Usare il fuoco per ripulire la terra e stimolare la fertilità, ad esempio, è una pratica vecchia di almeno 35 000 anni.

Gli aborigeni australiani, uno dei pochi gruppi di cacciatori- raccoglitori a essere sopravvissuti fino a oggi, di tanto in tanto piantano semi per aumentare la disponibilità di cibo nei luoghi in cui prevedono di ritornare a distanza di qualche mese. In questo caso sarebbe esagerato parlare di agricoltura, visto che il cibo in questione costituisce solo una minima parte della loro dieta, ma questa manipolazione deliberata dell’ecosistema implica che gli aborigeni non siano cacciatori-raccoglitori puri.

L’agricoltura fu adottata un po’ alla ‘volta, via via che gli esseri umani smettevano di essere cacciatori-raccoglitori puri e comincia- vano a fare maggiore affidamento sul cibo coltivato, fino a diventarne dipendenti. Le teorie per spiegare tale passaggio abbondano, ma probabilmente non ci fu una sola causa. Piuttosto, si trattò di una combinazione di fattori, ognuno dei quali ebbe un ruolo più o meno rilevante nelle varie zone in cui l’agricoltura comparve in modo indipendente.

Uno dei più importanti sembra essere stato il cambiamento cli- matico. Studi sul clima antico, basati sull’analisi dei ghiacci, dei fondali marini e dei pollini fossili, hanno scoperto che tra il 18 000 e il 9500 a.C. il clima era freddo, asciutto ed estremamente variabile, quindi qualsiasi tentativo di coltivare o domesticare le piante sarebbe fallito miseramente.

Ciononostante vi sono prove di almeno un tentativo di questo genere, in un posto chiamato Abu-Hureyra nella Siria settentrionale. A quanto pare, intorno al Io 700 a.C. gli abitanti del luogo cominciarono a domesticare la segale, ma l’esperimento fu stroncato sul nascere da un’improvvisa fase di freddo, detta Younger  Dryas, che ebbe inizio proprio in quel periodo e durò per circa 1200 anni. Poi, intorno al 9500 a.C. il clima diventò più caldo, più umido e stabile: una condizione di certo indispensabile per l’agricoltura, ma non sufficiente. Dopo tutto, se quel nuovo clima stabile fosse stato l’ unico fattore “scatenante”, allora tutti i popoli del mondo avrebbe- ro dovuto adottare l’agricoltura simultaneamente. Ma così non fu, perciò dovettero esserci altre forze all’opera.

Una di queste fu la maggiore sedentarietà, quando in alcune parti del mondo i cacciatori-raccoglitori divennero meno nomadi e cominciarono a trascorrere gran parte dell’anno nello stesso accampamento o ad adottare una residenza permanente. Ci sono molti esempi di comunità sedentarie che risalgono a un’epoca antecedente l’adozione dell’agricoltura, come quelle della cultura natufiana del Vicino Orien- te, che fiorì nel millennio precedente al Younger  Dryas, e altre sulla costa settentrionale del Perù e nella regione del Pacifico nordoccidentale dell’America del Nord.

In ogni caso questi insediamenti fu rono possibili grazie all’abbondanza di cibo non domesticato, come pesci o molluschi. Di norma, infatti, i cacciatori-raccoglitori sposta- vano i propri accampamenti per evitare che le risorse alimentari di una certa area si esaurissero, o per sfruttare la disponibilità stagionale dei vari cibi. Ma non c’è bisogno di spostarsi se vi stabilite accanto a un fiume ed è il cibo a venire da voi. Anche il perfezionamento delle tecniche, come frecce, reti e ami da, pesca migliori, avvenuto verso la fine dell’età della pietra, può aver promosso la sedentarietà. Una vol ta che il gruppo di cacciatori-raccoglitori fu in grado di ottenere più cibo (pesce, piccoli roditori o molluschi, ad esempio) dal luogo in cui viveva, non ebbe più bisogno di spostarsi. ………………..

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One Response to La nascita della proto-agricoltura ( da Storia commestibile dell’umanità)

  1. sapevo che ci saremmo intesi!Simona

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