Il primo (Cuoco )

 IL PRIMO
 ( di Anthony Boucher )

— Audace fu quell’uomo — scrisse il diacono Jonathan Swift — che per primo mangiò un’ostrica. — Un uomo, potrei aggiungere, con cui la storia della civiltà ha un debito enorme – se non fosse che ogni debito è stato totalmente ripagato da quel momento di estasi che, primo fra tutti gli uomini, poté assaporare.
Figure altrettanto epiche sono state innumerevoli nella storia di questo pianeta; pionieri le cui imprese sono paragonabili alla scoperta del fuoco, e probabilmente superiori all’invenzione della ruota e dell’arco.
Ma nessuna di queste leggendarie scoperte (salvo forse quella dell’ostrica) può vantare
un’importanza rimasta inalterata fino ai giorni nostri, tranne un unico, irripetibile, ancor più momentaneo episodio, verificatosi agli albori della storia dell’Uomo.
                                   E questa è la storia di Sko.

  Sko se ne stava accoccolato all’imboccatura della caverna, fissando la pentola dello stracotto. Un’intera giornata di caccia aveva fruttato quell’unica pecora decrepita. Aveva passato gran parte di un altro giorno a far cuocere lo stufato,  mentre la sua donna conciava la pelle, accudiva ai bambini, nutriva i più piccoli con l’alimento
del petto materno che non richiedeva cacce faticose. E ora tutto il resto della famiglia sedeva in fondo alla caverna, con la bocca e gli stomaci che mugolavano dalla fame, dal disgusto per il cibo e dalla paura della morte che viene per mancanza di cibo, mentre lui solo mangiava la carne ovina stracotta.
Era insipida, monotona, repellente al gusto. Lui aveva i suoi buoni motivi per mangiarla, ma non poteva dar torto alla famiglia. Nove mesi e nient’altro che pecora o montone. Gli uccelli erano volati via da tempo. Gli altri anni erano soliti ritornare; chi sa mai perché tardavano tanto quest’anno.
Presto i pesci avrebbero risalito ancora il fiume, se quest’anno era come gli altri; ma chi poteva esserne certo? Sembrava un anno così diverso.
Adesso chiunque mangiava cinghiale o coniglio moriva in breve tempo, e quando si facevano i Sacri Tagli di rito gli si trovavano dentro strani vermi. L’Uomo del Sole aveva detto che era ora un grave peccato contro il Sole nutrirsi del cinghiale e del coniglio; e questo era evidentemente vero, perché i peccatori ne morivano.
Pecora o fame; carne di montone o morte. Rigirò penosamente il grosso boccone in bocca, continuando a riflettere. Lui riusciva ancora a imporsi di mangiare; ma la sua donna, i suoi figli, il resto del Popolo… Uno poteva ormai contare le costole degli uomini, e i bambini più piccoli avevano grandi occhi e niente guance sulla faccia, e ventri come lisce pietre rotonde. I vecchi non vivevano più a lungo come un tempo, e anche i giovani si presentavano davanti al Sole senza ferite di uomo o di belva da
mostrarGli. Il cibo-che-non-richiede-caccia diventava ogni giorno più scarso e acquoso nel petto delle donne; e Sko poteva ormai battere facilmente nella lotta tutti quelli che poco tempo prima lo atterravano senza sforzo.
Il Popolo era ora il suo Popolo, perché lui poteva ancora mangiare; e poiché il Popolo era il suo Popolo, lui doveva continuare a mangiare. Era quindi come se il Sole stesso gli chiedesse di trovare un modo per far sì che il Popolo mangiasse ancora, mangiasse fino a ritornare alla vita.
Lo stomaco di Sko era ormai pieno, ma la bocca se la sentiva ancora vuota. Eppure c’era stato un tempo in cui, benché lo stomaco fosse vuoto, la sua bocca era stata fin troppo piena.

Cercò di ricordare. E allora, mentre si leccava le labbra cercando di richiamare quella sopita sensazione, improvvisamente riemerse in lui il ricordo.
Fu all’epoca dell’Estate Secca, quando il fiume si era prosciugato e tutte le sorgenti erano morte, e gli uomini erano partiti verso il Sole nascente o il Sole morente per trovare nuova acqua. Lui era stato uno di quelli che l’avevano trovata; ma aveva dovuto spingersi troppo lontano. Non potendo soffrire la carne secca di cinghiale che portava con sé (non era un peccato allora), aveva fatto uso di tutte le sue frecce, e si trovava ancora lontano da casa e aveva bisogno di mangiare.

Mangiò così alcune delle cose che crescevano dal terreno, come gli animali, e alcune erano abbastanza buone.

Ma poi aveva estratto dalla terra un bulbo, che era diviso in molti piccoli spicchi; e uno di questi spicchi, uno soltanto, gli aveva riempito la bocca di un gusto così forte che non riuscì a sopportarlo e dovette bere quasi tutta l’acqua che aveva portato con sé per dimostrare il suo successo. Ricordava ancora quel sapore pungente.
Brancolò con la mano nel buco a fianco della caverna che era il suo ripostiglio. Vi trovò il resto di quel bulbo che s’era portato dietro in ricordo del luogo lontano che aveva visitato. Tolse un po’ della pelle bruno-violacea, secca e scricchiolante, nettò uno degli spicchi bianco-giallastri e lo annusò.
Persino l’odore riempiva un po’ la bocca. Soffiò forte sulle braci, e quando la fiamma si risvegliò e la pentola riprese a bollire, buttò dentro lo spicchio con un pezzo di carne di pecora. Se una riempiva lo stomaco e non la bocca e l’altro la bocca e non lo stomaco, può darsi che insieme…
Sko implorò il Sole di fare in modo che la sua’ congettura risultasse giusta, per il bene del
Popolo. Poi lasciò bollire la pentola senza pensare a nulla per qualche tempo. Alla fine si alzò, tagliò via un boccone dallo stufato e lo addentò. La bocca si riempì un po’, anche se meno di quanto sperava. Ed ecco che un lampo improvviso si accese in lui e ricordò qualcos’altro che poteva riempire la bocca.
Si diresse a passo sostenuto verso il Posto-che-si-lecca, che la tribù condivideva con le pecore e altri animali. Ne tornò poco dopo con una bianca crosta cristallina. La lasciò cadere nella pentola, e mescolò con un bastone, continuando a guardare finché la crosta non sparì. Lasciò ancora bollire il tutto per un po’, quindi addentò un altro boccone.
La sua bocca ora era veramente piena. L’aprì ancora e da quella pienezza sgorgò, rimbombando nella caverna, l’urlo che significava cibo! Fu la moglie a uscire per prima. Vide solo la solita pentola di stracotto di pecora e stava per tornare sui suoi passi, quand’egli l’afferrò, la costrinse ad aprire la bocca e ci cacciò dentro un grosso boccone della nuova pietanza. Lei lo fissò per un lungo momento di silenzio. Poi le sue mascelle cominciarono a lavorare freneticamente, e solo quando non rimase più
nulla da masticare, lanciò l’urlo del cibo! per chiamare i bambini.
Ci sono altri Posti-che-si-leccano in giro, pensò Sko, mentre loro mangiavano; e si può
organizzare una squadra per andare a prendere altri bulbi dove ho preso questo. Ce ne sarà abbastanza per tutto il Popolo… Nel frattempo la pentola era stata vuotata, e Sko Fyay e la sua famiglia sedettero a
leccarsi le dita.  Dopo migliaia di generazioni di cuochi, sale, aglio e fame hanno complottato per creare il primo
chef dell’umanità.

(  Titolo originale: The First – © 1952 Anthony Boucher.)
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